DROGA PARLATA

Con Decreto del 15.02.2017 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari ha disposto il rinvio a giudizio di Tizio davanti al Tribunale, in composizione monocratica, per rispondere del delitto di coltivazione di sostanze stupefacenti.

Nel dibattimento sono state ammesse le prove dedotte dalle parti e si è proceduto alla trascrizione delle intercettazioni e all’esame dei testimoni; è stata disposta inoltre una perizia sulle piantine in sequestro, che tuttavia non è stata espletata perchè, nel frattempo, erano state distrutte.

Proprio questo fatto impedisce di ritenere pienamente provata la sussistenza del fatto.

In sintesi, dalle disposizioni del maresciallo Caio e del maresciallo Sempronio è emerso che nell’ambito di una più ampia operazione di repressione della coltivazione di stupefacenti nelle campagne di (……..) i carabinieri del nucleo operativo di Juerzu disposero una serie di intercettazioni nei confronti di giovani di 20/30 anni a vario titolo coinvolti nella coltivazione e nella commercializzazione delle sostanze.

Il 15.10.2012 , sulla base di indicazioni di natura confidenziale, i Carabinieri rivennero in località (……), vicino ai terreni del mio assistito e della sua famiglia, una piccola piantagione di cannabis, composta da 30 piante di altezza variabile tra 1,5 e 2,5 m., con un impianto artigianale di illuminazione.

Lo stesso giorno uno dei soggetti intercettati scambiò dei messaggi con la propria compagna e indicava e /o alludeva che  il mio assistito fosse il proprietario di quelle piantine rivenute.

La mia difesa ha cercato di fare emergere che il dialogo non fosse del tutto chiaro, e in particolare ritenni che non si potesse affermare con certezza se il soggetto intercettato fosse effettivamente a conoscenza della proprietà della piantagione o si limitasse a riferire di voci che aveva sentito in giri; inoltre la frase ” mi sa che hanno chiamato Tizio” , secondo la mia tesi difensiva, avrebbe potuto indicare che il soggetto intercettato avesse saputo i Carabinieri avevano imputato del fatto il mio cliente – il quale effettivamente era lì vicino de era stato sentito, benchè il procedimento fosse ancora contro ignoti – e non che sapesse che questi era l’autore della condotta illecita.

Ma prima ancora della prova dell’attribuzione della condotta all’imputato, secondo la mia ricostruzione è problematica la stessa dimostrazione della sussistenza del fatto.

Infatti nel corso della perizia ( da me richiesta in udienza la nomina di un perito per analizzare il principio attivo di queste piantine) è emerso che il procedimento fu iscritto nei confronti di ignoti e definito con decreto di archiviazione del 24.01.2013 , con il quale fu disposta la confisca e la distruzione di quanto in sequestro.

La nostra strategia difensiva ha reso evidente l’impossibilità di eseguire la perizia, impedendo in particolare di ritenere che le piante sequestrate contenessero una percentuale di principio attivo (THC) superiore allo 0,6%, limite che segna la rilevanza penale del fatto, in seguito alla disciplina introdotta dalla legge 242/2016.

La mia discussione finale era improntata nell’affermare che dai fatti di indagine non è emersa la prova della sussistenza del fatto, e pertanto il mio assistito doveva essere: in via principale assolto perchè il fatto non sussiste o perchè l’imputato non lo ha commesso; in subordine assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma secondo, c.p.p.

Il Giudice ha seguito la tesi difensiva e assolveva il mio assistito del delitto contestato perchè IL FATTO NON SUSSISTE.

Avv. Sebastiano Desogus

 

DROGA PARLATA

Un processo di “droga parlata” può avvenire quando alcuni soggetti sono sottoposti a delle intercettazioni telefoniche, e in queste conversazioni si parlerebbe, attraverso un linguaggio allusivo e non chiaro, di passaggi di sostanze stupefacenti.

Con l’espressione di “droga parlata” si fa riferimento al linguaggio che è adoperato dagli spacciatori nel corso delle conversazioni per gli accordi e le trattative relative al commercio dello stupefacente.

In questi casi, il principio fissato dalla giurisprudenza di legittimità è un punto di riferimento fondamentale per il giudice di merito che viene dunque “responsabilizzato” di compiere attraverso un’attenta analisi delle conversazioni, e considerata la frequenza di alcune espressioni, una difficile e complessa valutazione delle risultanze investigative.

L’intercettazione telefonica, tuttavia, non necessariamente deve trovare delle conferme esterne, infatti per Giurisprudenza consolidata, per essere considerato colpevole un soggetto non occorre che gli sia stata sequestrata un minimo di sostanza stupefacente o che sia stata fotografata una cessione di coca e/o una bustina d’erba, ma sono sufficienti le sole conversazioni captate.

Ci poniamo la domanda: “ma in quella conversazione si parla veramente di droga o di qualcos’altro?”; sicuramente la difesa dovrà dare una spiegazione logica a quelle conversazioni, infatti, l’intercettazione per avere una validità probatoria, deve essere connotata da tre elementi: “chiarezza, decifrabilità del significato e assenza di ambiguità”.

Bisogna essere in presenza di indizi univoci, precisi e concordanti e rispettosi dei criteri fissati dall’art. 192 c.p., così che può dirsi raggiunta la prova di responsabilità; occorre che le conversazioni parlino espressamente  di droga, di fumo, di prezzo per ogni grammo, del rischio di essere arrestati, di viaggi in qualche località a ritirare un pacco, di acconti e crediti, tutte espressioni che non lasciano spazio al dubbio della responsabilità dell’imputato e/o indagato.

A questo proposito, in caso di condanna  per spaccio di sostanza stupefacente quando il contenuto delle conversazioni telefoniche poste a base della condanna non sia sostenuto da elementi obiettivi – sequestri, perquisizioni, dichiarazioni di terzi ecc. – il giudice sarà tenuto a motivare i motivi dei mancanti riscontri (Cass. pen., sentenza n. 50995/13)

In tema di droga parlata, si ricordano le figure criminose descritte nell’art. 73 d.P.R. n. 309/90  che hanno ad oggetto il traffico illecito delle sostanze stupefacenti in tutte le sue forme, compresa quella della offerta in vendita, e non le vanterie di chi “offre” stupefacenti senza averne la disponibilità.

Non si può pertanto, affermare la penale responsabilità per il delitto di offerta in vendita di sostanze stupefacenti se prima non si è raggiunta la prova che queste fossero nella effettiva disponibilità del soggetto sottoposto ad intercettazione.

 

 

 

 

Revisione artt. 629 e ss C.P.P.

Revisione artt. 629 e ss C.P.P.

La revisione è quella impugnazione straordinaria che ha per oggetto una sentenza di condanna divenuta irrevocabile.
La sentenza irrevocabile si presume “vera”; pertanto, per sostenerne l’ingiustizia bisogna dimostrarne l’erroneità magari con nuove prove che non erano disponibili nel momento in cui è stata pronunciata la sentenza , ma rivenute solo successivamente.
In sostanza il presupposto necessario per la revisione è la necessità di una prova “nuova” che non sia presa in considerazione dal giudice che abbia emesso la sentenza.
Il giudice della revisione è la Corte di Appello anche se il giudicato si è formato presso la Corte di Assise.
La revisione può essere richiesta:
1. Se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale di condanna divenuta irrevocabile;
2. Se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno  ritenuto sussistente il reato a carico del condannato a seguito di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata e passata in giudicato;
3. Se dopo la sentenza di condanna siano sopravenute o si scoprano nuove prove che, sole o congiunte a quelle già valutate dimostrino che il condannato dev’essere prosciolto;
4. Qualora si dimostri che la sentenza veniva pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio, si pensi alla falsa testimonianza.

La legge n.103/2017 ha introdotto l’art. 629 bis C.P.P. che prevede la rescissione del giudicato: il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in sua assenza per tutta la durata del processo, potrà ottenere la rescissione del giudicato qualora riesca a provare che la sua assenza è stata dovuta ad una incolpevole  mancata conoscenza della celebrazione del processo.
Il ricorso per revisione deve contenere elementi tali da dimostrare che il condannato doveva essere prosciolto.
Avv. Sebastiano Desogus

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